La mia riflessione

Come funziona l'immagine di architettura?

Learning From Las Vegas si concentrava su quegli elementi di architettura che diventano simbolo, cioè segni messi in una determinata posizione per un motivo ben preciso, in cui la composizione degli edifici è strettamente legata a come questi vengono visti, al ruolo degli stessi all'interno della città e infine a come vengono percepiti. Si parlava dunque di un'architettura che si basa su esperienze passate e su associazioni emotive, in cui gli elementi di cui sopra possono spesso entrare in contraddizione con la forma, la struttura e il programma con le quali si combinano nel medesimo edificio. 

Se l'aspetto simbolico può essere affascinante, credo che esplorare gli ingranaggi che sottendono l'immagine architettonica, dalla storia agli strumenti compositivo-percettivi, possa permettere di approfondire il significato di vedere lo spazio per chi è cresciuto in un contesto come quello moderno, basato su strutture lineari e ortogonali, geometricamente definite secondo punti di vista appositamente progettati.

L’obiettivo di questo mio lavoro, delle illustrazioni nello specifico, è quello di indagare quegli espedienti utilizzati per indirizzare lo sguardo dell'osservatore e tutti quegli elementi che rispondono a una precisa volontà comunicativa. Cerco di porre l’attenzione su come guardiamo (e come sono state guardate) le “immagini” e su come queste vengono progettate, indagando il cosa si è voluto dire.

Se è vero che ognuno ha il suo mondo, tra chi guarda le immagini e chi le progetta c’è un punto di incontro, noi siamo tutti biologicamente simili, sul piano percettivo funzioniamo allo stesso modo. La percezione visiva si chiede cosa accade all’occhio e al cervello quando guardiamo qualcosa, e ci ricordano che quell’occhio e quel cervello sono gli stessi per tutti. Quindi si deduce che non basta concentrarsi su quello che vogliamo dire, dobbiamo pure pensare a quello che non ci accorgiamo di stare dicendo e chi guarda però vede. 

Le Corbusier diceva che "la forma riuscita esteticamente è sempre il risultato di un problema ben impostato", ma se a un occhio non esperto il Centro Culturale di Nuova Caledonia può ricordare un carciofo o, facendo un esempio meno casereccio, se il Guggenheim di New York allontanandosi dalle dominanti logiche delle linee ortogonali dei blocks della città divenne centro del dibattito pubblico perché ricordava una lavatrice, cosa sarebbe cambiato se ci si fosse chiesti: "se io fossi il mio pubblico a che cosa presterei attenzione?".

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2020

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