Nel Novembre 2015 mi ritrovai a Tokyo per un breve soggiorno. Risiedevo all'ultimo piano di un palazzo di recente costruzione nel quartiere di Chiyoda, […]. Era autunno e il concerto di colori della stagione in Giappone era al suo splendore. Tutto andava per il verso giusto, eppure ero irrequieto. Cosa mi agitava? […]
[…] Osservavo attonito Tokyo mutare; di anno in anno, nella sua corsa inarrestabile. Il pellegrinaggio alla mia vecchia casa, o all’albergo che mi aveva ospitato tante volte, aveva recato una sgradita sorpresa. I miei luoghi non c’erano più. Demoliti. I palazzi di poche decine di anni avevano lasciato il posto ad altre, più contemporanee, costruzioni. Lo scorrere del tempo, persino lo sfiorire della bellezza, in Giappone, si celebra con un rito molto antico e sentito chiamato Hanami. […]
[…] Hanami è la contemplazione dei ciliegi in fiore. La fioritura dura pochi giorni, poi comincia una malinconica nevicata di petali che ricopre i parchi. Hanami significa accettazione della fragilità, e dunque dell’impermanenza: questa la bellezza dell’esistere effimero. E allora perché io non accettavo lo sfiorire dei luoghi dei miei ricordi? Perché mi infastidiva questo mutare perpetuo di Tokyo? […]. Vedevo una Tokyo sfigurata. Il suo carattere veniva soppiantato dalla banalità futuribile di una metropoli qualunque. […]