Kuro era un gatto nero, un osservatore silenzioso della vita che scorreva tra i grattacieli di Azabudai Hills. Le sue giornate erano scandite da ritmi precisi: sonnellini al sole sui tetti, caccia notturna ai topi e lunghe sessioni di contemplazione del vuoto. Azabudai, con la sua mescolanza di antico e moderno, era il suo palcoscenico, un luogo dove il tempo sembrava fermarsi e riprendere a scorrere in modo del tutto arbitrario.
Una sera, mentre vagava per le strade deserte del quartiere, Kuro sentì una melodia che lo catturò. Proveniva da un piccolo jazz club, nascosto in un vicolo laterale. La musica era soffusa, malinconica, e lo invitava a entrare. Con cautela, si infilò sotto la porta e si ritrovò in un'atmosfera surreale. Fumatori di pipa, uomini in trench e donne dai capelli corti sorseggiavano whisky e ascoltavano il sax tenore.
Sul palco, un musicista dai capelli argentei stava suonando una ballata straziante. La sua musica sembrava raccontare storie di amori perduti, di sogni infranti e di solitudini infinite. Kuro si sedette su un divano di velluto rosso e si abbandonò all'ascolto, sentendosi parte di qualcosa di più grande di lui.
In quel momento, incontrò i suoi occhi. Erano gli occhi di una donna, grandi e scuri come la notte, che lo fissavano con un'intensità che lo sconvolse. Si chiamava Hana, e aveva un gatto nero proprio come lui. Le raccontò della sua vita, delle sue passeggiate notturne sui tetti e della sua passione per il jazz. Hana lo ascoltava con attenzione, sorridendo ogni tanto.
Tra loro nacque un legame profondo, un'intesa che trascendeva le parole. Insieme, esploravano i vicoli di Azabudai, alla ricerca di nuovi jazz club e di storie da raccontare. Kuro scopriva che la città, di notte, era un luogo magico, pieno di segreti e di sorprese. E Hana gli faceva capire che anche un gatto poteva avere un'anima e un cuore.
Una notte, mentre camminavano lungo la riva del fiume Meguro, Hana gli parlò di un'antica leggenda giapponese, quella del Nekomata, un gatto che, con l'età, poteva trasformarsi in un mostro gigantesco. Kuro rise, ma nel suo cuore sapeva che c'era qualcosa di vero in quella storia. Forse, anche lui, un giorno, si sarebbe trasformato.
E così, Kuro continuò a vivere la sua vita, tra i grattacieli di Azabudai e i suoni del jazz. E ogni volta che ascoltava una nota di sax, ricordava Hana e quella notte magica, quando aveva scoperto che anche un gatto poteva avere un'anima.